IL PIEDE NELL'OBESO
Il piede nell’obeso, come nel caso di altre malattie metaboliche, è connesso ad ulteriori problematiche a livello funzionale e ad alterazioni della pelle e delle unghie. Tipico dei piedi obesi è l’ipercheratosi, ovvero l’aumento delle callosità e la presenza di ragadi sia sulla pianta che sui talloni. Si tratta di manifestazioni tutte derivanti dall’eccessiva pressione a cui l’area viene sottoposta.
Per capire l’obesità bisogna partire dalla sua definizione. L’indice di massa corporea - IMC o body mass index BMI - è l’indicatore più utilizzato per definire le condizioni di sovrappeso o obesità e non è altro che il rapporto tra il peso e l’altezza.
L’OMS stabilisce che si parla di sovrappeso se l’indice è compreso tra 25 e 29,99 kg/m2, invece se questo è uguale o superiore a 30 kg/m2 si ha a che fare con una condizione di obesità.
Essere in uno stato di sovrappeso o obesità vuol dire soprattutto sovraccaricare eccessivamente il piede, con conseguente comparsa di una sintomatologia dolorosa. Naturalmente, se l’obesità è transitoria, cioè se il paziente riesce a ridurre il peso corporeo attraverso diete e terapie mirate, l’arto non risentirà del sovraccarico.
Il problema, al contrario, nasce quando si ha un’obesità di tipo cronico.
La patologia più comune del piede nell’obeso la riscontriamo a livello della pianta del piede, comunemente conosciuta come fascite plantare, nonché l’infiammazione della fascia fibrotica che si trova sotto la pianta e si estende dal calcagno fino alle teste metatarsali.
Non a caso, mi è capitato spesso di avere in cura pazienti obesi con dolori sotto la pianta del piede. Questo proprio perché il nostro arto inferiore nasce per sostenere un determinato carico e, dunque, in una condizione di sovrappeso si va a generare uno stress prolungato con conseguenti infiammazioni ai talloni e anche alle teste metatarsali, le quali possono comportare una grave riduzione della mobilità.
Va specificato che anche la conformità del piede gioca un ruolo importante:
in pazienti obesi un piede piatto o cavo è esposto, con una probabilità più elevata e in tempi precoci, a tutte quelle sintomatologie importanti del piede e anche della caviglia. Stiamo parlando di talloniti, spine calcaneari, spine sotto calcaneari, spine retrocalcaneari, fascite plantare, metatarsalgia, alluce valgo e dito al martello.
Un piede obeso va incontro anche a deformità totali del piede, ossia al verificarsi in contemporanea di alluce valgo grave, II e III dito addotto e dolori localizzati sotto la pianta. A queste problematiche si aggiungono naturalmente tutte quelle relative alla circolazione: stasi venosa e linfatica, con manifestazione di caviglie gonfie, edematose e arrossate e conseguente riduzione della mobilità degli arti.
Nei casi di obesità vi è anche un’alta probabilità di sviluppare un piede diabetico o flebiti ai polpacci, con conseguenti problemi gravi nella deambulazione e la necessità di indossare calzature apposite o, addirittura, ciabatte aperte data la dimensione del piede.
L’obesità viene trattata da specialisti del settore come dietologi. In qualità di ortopedico consiglio sempre una terapia conservativa che consenta ai piedi di lavorare e sforzare meno. L’obiettivo è quello di rallentare il decorso della malattia, ad esempio attraverso l’utilizzo di un ortesi plantare. Purtroppo, spesso la terapia non è sufficiente e dunque bisogna agire in maniera chirurgica, ovviamente tenendo in considerazione il fatto che sui pazienti obesi, data la presenza di numerose problematiche, bisogna procedere con cautela. Un trattamento chirurgico come la tecnica percutanea risulta essere quello più indicato, proprio per la sua ridotta invasività, per l’anestesia locale, per l’assenza di cicatrici, per la riduzione della prognosi e per l’immediata deambulazione. Una serie di vantaggi che garantiscono al paziente obeso la possibilità di ritornare a camminare in tempi brevi e di ridurre tutte le problematiche legate alla cattiva circolazione.
🦶💪
Commenti
Posta un commento